Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 7 aprile 2011 Mancano due mesi alla scadenza referendaria in tema di acqua pubblica e di nucleare e vorrei invitare i cittadini, ma in particolare tutti i promotori ed attivisti ad ampliare la visione sui due temi. Occorre far capire a tutti l’importanza della partita in gioco, una partita che non è né di destra, né di sinistra, ma di civiltà e di futuro. Inizio con l’acqua. È un diritto irrinunciabile dell’umanità, un bene collettivo che nessuno può vendere alla stregua di una comune merce. Il Trentino, nei limiti giuridici concessi, è stato da questo punto di vista un esempio virtuoso e lo potrà essere ancora di più in caso di esito referendario favorevole ai promotori. Ma quando si parla dell’acqua occorre ricordare che non esiste solo quella da rubinetto, oggetto del contendere. C’è l’acqua dei fiumi ad esempio. Con il piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche e con il piano di tutela delle acque, i trentini hanno visto scorrere negli ultimi anni più acqua negli alvei dei fiumi. Più acqua, banalmente, significa più vita. I fiumi sono infatti i principali corridoi ecologici del nostro territorio. Quasi parallelamente la nostra Provincia ha avuto il merito di poter entrare direttamente nella partita della gestione delle grandi derivazioni idroelettriche, tanto che oggi guida la catena di controllo delle due maggiori società. Purtroppo, il controllo sul demanio idrico e sulle grandi derivazioni ha prodotto anche delle conseguenze non del tutto favorevoli. In primis, non appena sono «sfuggiti» a Enel ed Edison un po’di metri cubi di acqua, si sono moltiplicati i progetti di sfruttamento promossi ovunque da innumerevoli soggetti, pubblici e privati. In Consiglio provinciale, da più parti, si era alzata la voce che chiedeva alla Provincia una moratoria finalizzata a stabilire un quadro certo per la concessione delle nuove derivazioni, privilegiando ovunque l’iniziativa pubblica, proprio in ordine al principio secondo il quale un bene pubblico come l’acqua dovrebbe produrre i propri benefici primariamente nei confronti di tutti i cittadini. Invece la Giunta provinciale ha preferito sfogliare la margherita, concedendo qua e là nuove concessioni, dal Noce al Brenta, compresi corsi d’acqua minori ridotti all’osso da decenni di sfruttamento senza senso. Eppure, quasi nessuno si lamenta! Idem per le società concessionarie delle grandi derivazioni idroelettriche. Sul finire della scorsa legislatura mi feci portatore di una proposta, votata anche dal Consiglio provinciale, affinché le nuove società che si andavano a costituire per subentrare ad Enel ed Edison potessero essere delle «public companies», vale a dire delle società il cui controllo appartiene ad una vasta pluralità di cittadini o che comunque potessero vedere presenti tutti i Comuni trentini proprio in rappresentanza di tutti i nostri concittadini, in particolare di quelli residenti nelle valli di montagna, le più danneggiate per decenni. Il principio è semplice: se dalla gestione di queste società scaturiscono utili da distribuire ai soci, posto che l’acqua è di tutti gli utili vanno distribuiti a tutti. Purtroppo anche qui è andata diversamente, c’è stato a mio avviso un errore politico, ma nessuno (o molto pochi) se ne sono accorti. Proseguo con altri tre esempi che esprimo in forma sintetica, ma potrei allargare ancora il discorso. Primo esempio: l’acqua impiegata per l’innevamento artificiale, che in alcuni casi è stata ed è ancora (per fortuna sempre meno) prelevata dagli acquedotti, o da bacini idrici pubblici, come ad esempio i laghi a costi irrisori. Secondo esempio: la diffusione di sistemi per il risparmio di acqua negli usi domestici e di punti di erogazione, temi sui quali si sconta un’inerzia eccessiva degli enti locali. Terzo esempio: i parchi fluviali. La legge n. 11/2007 prevede l’istituzione di tre parchi naturali fluviali - Avisio, Sarca e Chiese - proprio per sostanziare con una gestione più attiva ed indirizzata alla tutela l’importanza dell’acqua. Anche qui siamo praticamente al palo. Con tutto questo che cosa voglio dire? Che l’occasione referendaria - che condivido e che sostengo - andrebbe colta come opportunità forse irripetibile per un ragionamento alto e finalmente organico sulla gestione di tutta l’acqua, a 360 gradi, dai ghiacciai ai fiumi, dall’acquedotto alle fognature, dall’utilizzo idroelettrico a quello agricolo, che rappresenta una delle maggiori aree di utilizzo in parte improprio e di spreco della risorsa. È questo che chiedo da anni e che forse tanti cittadini impegnati sull’acqua bene comune potrebbero sostenere con risultati ben più rilevanti di quelli che siamo riusciti ad ottenere. Passo al nucleare, per analogia di ragionamento, premettendo che con una mozione promossa con i colleghi Dello Sbarba ed Heiss la nostra Regione si è espressa già nel 2009 contro la realizzazione di nuove centrali in Italia e per la denuclearizzazione del nostro territorio. Senza strumentalizzare l’incidente di Fukushima voglio solo ricordare che da anni si sa benissimo che il nucleare non è la soluzione dei problemi energetici del nostro Paese, che vanno risolti partendo dal locale e non dal globale, con il risparmio energetico e con le fonti rinnovabili. Il chilowattora nucleare, una volta assommati i costi a carico dello Stato per la sicurezza e per lo smaltimento delle scorie (problema irrisolto da decenni e che graverà per millenni sul capo dei nostri discendenti), è più caro di ogni altro tipo di fonte. Qui è dunque necessario che le migliaia di attivisti si rendano conto che la battaglia non è solo si/no nucleare, ma bisogna cogliere l’occasione per educare i cittadini al risparmio energetico, all’uso di fonti rinnovabili, alle modifiche degli stili di vita eccessivamente energivori. Essere contro le centrali nucleari non significa però essere contro la ricerca, che deve essere mirata a cercare la possibilità di sfruttamenti energetici - anche dell’atomo - più efficienti e sicuri di quelli esistenti. Ma come possiamo fidarci del nucleare in un Paese che non è in grado di risolvere i problemi dei rifiuti, del traffico, dell’evasione fiscale, della malavita organizzata? Il 12-13 giugno si deve dunque andare a votare, ma con una visione più ampia dei problemi e delle soluzioni, nella consapevolezza che il tema dei beni comuni e quello della difesa dell’ambiente sono strettamente legati con i diritti di cittadinanza e con il diritto universale a un futuro migliore per le generazioni che verranno. Roberto Bombarda
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ROBERTO vedi anche: i 4 referendum del Campagna referendaria contro il nucleare e sull'acqua bene pubbico
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